Contro l’ipocrisia – Is 1,10.16-20

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Is 1,10.16-20

Ascoltate la parola del Signore, capi di Sòdoma; prestate orecchio all’insegnamento del nostro Dio, popolo di Gomorra! «Lavatevi, purificatevi, allontanate dai miei occhi il male delle vostre azioni. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova». «Su, venite e discutiamo – dice il Signore. Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana. Se sarete docili e ascolterete, mangerete i frutti della terra. Ma se vi ostinate e vi ribellate, sarete divorati dalla spada, perché la bocca del Signore ha parlato».

 

Il testo fa riferimento al primo profeta che ha nome Isaia. Siamo nella prima metà del sec. VIII a.C., un’epoca di grande prosperità economica, che provoca nei regni di Giuda e di Israele ingiustizia sociale e decadenza religiosa. Isaia reagisce alla situazione con toni duri e minacciosi e un invito serio alla conversione.

Due pensieri possono accompagnare la nostra preghiera.

Il primo: la volontà di conversione deve tradursi in comportamenti. Volere ma non fare è insufficiente. Non è tuttavia una cosa immediata. La virtù non si improvvisa. Persona virtuosa non è l’eroe per caso, che ha fatto la cosa giusta al momento giusto senza cercarlo, bensì colui che prende l’abitudine (habitus come disposizione interiore costante) di fare il bene, modellando la propria volontà con una catena di azioni buone che creano un’inclinazione alla giustizia, alla verità e alla bontà. Per fare questo, occorre specchiarsi in Dio (≪Su, venite, discutiamo – dice il Signore≫): frequentare la chiesa, andare a Messa e pregare, è imparare a conoscersi in lui come egli conosce ciascuno e trarre la grazia che permette di cambiare e maturare. La sua luce penetrante accompagna il cammino che va dalla vita al tempio e dal tempio alla vita. In questo cammino virtuoso si cresce davvero.

Il secondo: incontrare il Signore può essere un’esperienza umiliante e difficile. Chi si sentirebbe di dirgli, senza vergognarsi: ho amato abbastanza? E tuttavia, sarà sempre un incontro con una misericordia infinita: che prende sul serio tutto, non si scandalizza di fronte a nulla, ma sa purificare con un amore bruciante. Un amore che se da un lato suscita lacrime di amaro pentimento, dall’altro le sa trasformare in gioia: la gioia di chi è stato ritrovato. Che non ci manchi mai l’umiltà di avvicinarci al Signore. Esigentissimo. Ma infinitamente buono e proteso a donarci sempre, con mano tesa, la salvezza che rende felici. Il suo amore.

d. Fabrizio